Sfumature di verde
di Daniela Pera
Le varie sfumature dei verdi brillanti e delle terre d'ocra che coprono le aspre coste del Subasio, intervallate dal rosso laterizio, quasi fresco di fornace, della mole austera del Sacro Convento posto in dissonante equilibrio; i grigi ghiacciati, a tratti rosati, delle religiose facciate di San Rufino e di San Pietro, incise in superficie, a punta, con mano sicura, come rughe espressive di amati volti di anziani, sono alcune suggestioni che offre questa serie di vedute di Assisi opera di Riccardo Secchi.
Pittore di origine emiliana, umbro d' elezione, Secchi ha una carriera artistica, iniziata da ragazzo in ambito accademico, quasi strada obbligata per un dotato "figlio d'arte", esperienza interrotta poi, alla fine degli anni '80, con grande onestà, per essere ripresa solo nel 2004 quando ha la certezza che "il dono", quel "dono "di cui tanto gli parlava il Maestro, fosse veramente libero di emergere dall’Io, nel pieno della sua maturità spirituale e artistica.
Questa mostra nasce come un duplice omaggio di Riccardo Secchi alla città di Assisi, che tanta parte ha avuto nella sua formazione spirituale, e omaggio al maestro William Congdon, detto semplicemente Bill, artista statunitense, gigante sacro dell'Action Painting, che più volte egli ebbe l’onore d’incontrare, proprio nella casa di Assisi, in vicolo Bovi, dove questo aveva preso stabile dimora dalla fine degli anni '50.
Era proprio la "scarna" Assisi, l’osso, come la definiva Bill, la cornice di alcuni straordinari e privilegiati incontri tra Secchi e il pittore statunitense, già allora sessantenne.
Nel ricordo lasciato nella memoria del giovane e disorientato pittore dell’Accademia di Perugia e nelle rigorose, quasi meticolose, annotazioni scritte di Congdon, che vi si dedicava con grande generosità, questi incontri sono lontani dall'essere semplici lezioni di pittura e appaiono piuttosto come momenti di profonda riflessione estetica, estetica cristiana e in definitiva, riflessione sul senso ultimo dell'esistenza umana.
Congdon, infatti, dopo alcune drammatiche vicende di vita, mosso dalla ricerca del senso profondo della vita, era approdato ad una solida conversione cattolica e aveva scelto proprio Assisi per farsi battezzare.
Il mistero dell’arte e il "dono" speciale dell’arte che diviene autentico atto creativo solo quando questo è seguito dal "vedere”, un “vedere” inteso come “atto sacramentale” che porta l'artista all’osso delle cose e quindi all’Uno dove l’Uno è certamente Cristo: queste erano le tematiche degli incontri il cui riflesso è senza dubbio nella ricerca di sintesi pittorica di tutta l'opera fin qui realizzata da Secchi. In queste vedute non c'è spazio per la facile suggestione pittoresca o per i dettagli aneddotici che fanno perdere quella tensione all’Uno tanto invocata da Congdon.
Si veda la Basilica nella notte dove il nero si fa brillante e addirittura luminoso e i bagliori di luci lontane evocano suggestioni delle numerose visioni newyorkesi del Maestro.
Nella dinamicità del gesto pittorico di Secchi troviamo l'eredità dell ‘Action congdoniana, che lascia sempre traccia evidente nelle tavole e che si fa segno in una pastosa materia cromatica che si schiude alla forma, alla “forma sintetica “della realtà.
In questi ultimi lavori l’artista limita gli effetti plastici, dilata le masse per accoglierne al massimo la luminosità materica in una sorta d'inconscio omaggio alla bidimensionalità delle gotiche facciate di Ascesi.
E sebbene il pittore non ami cimentarsi, a differenza di Congdon, in soggetti sacri, in questi scorci di Assisi, ci mostra tutta la sua idea di arte sacra che è, in definitiva, arte del “reale” di cui, grazie allo sguardo, non dell’occhio, ma del cuore, come gli raccomandava il Bill, egli ha appreso a coglierne la più vera e profonda sacralità.
Il presente testo è pubblicato nel catalogo della mostra “Vedute di Orïente. Omaggio a William Congdon. Personale di Riccardo Secchi” allestita a Assisi da marzo a giugno 2015.
di Daniela Pera
Le varie sfumature dei verdi brillanti e delle terre d'ocra che coprono le aspre coste del Subasio, intervallate dal rosso laterizio, quasi fresco di fornace, della mole austera del Sacro Convento posto in dissonante equilibrio; i grigi ghiacciati, a tratti rosati, delle religiose facciate di San Rufino e di San Pietro, incise in superficie, a punta, con mano sicura, come rughe espressive di amati volti di anziani, sono alcune suggestioni che offre questa serie di vedute di Assisi opera di Riccardo Secchi.
Pittore di origine emiliana, umbro d' elezione, Secchi ha una carriera artistica, iniziata da ragazzo in ambito accademico, quasi strada obbligata per un dotato "figlio d'arte", esperienza interrotta poi, alla fine degli anni '80, con grande onestà, per essere ripresa solo nel 2004 quando ha la certezza che "il dono", quel "dono "di cui tanto gli parlava il Maestro, fosse veramente libero di emergere dall’Io, nel pieno della sua maturità spirituale e artistica.
Questa mostra nasce come un duplice omaggio di Riccardo Secchi alla città di Assisi, che tanta parte ha avuto nella sua formazione spirituale, e omaggio al maestro William Congdon, detto semplicemente Bill, artista statunitense, gigante sacro dell'Action Painting, che più volte egli ebbe l’onore d’incontrare, proprio nella casa di Assisi, in vicolo Bovi, dove questo aveva preso stabile dimora dalla fine degli anni '50.
Era proprio la "scarna" Assisi, l’osso, come la definiva Bill, la cornice di alcuni straordinari e privilegiati incontri tra Secchi e il pittore statunitense, già allora sessantenne.
Nel ricordo lasciato nella memoria del giovane e disorientato pittore dell’Accademia di Perugia e nelle rigorose, quasi meticolose, annotazioni scritte di Congdon, che vi si dedicava con grande generosità, questi incontri sono lontani dall'essere semplici lezioni di pittura e appaiono piuttosto come momenti di profonda riflessione estetica, estetica cristiana e in definitiva, riflessione sul senso ultimo dell'esistenza umana.
Congdon, infatti, dopo alcune drammatiche vicende di vita, mosso dalla ricerca del senso profondo della vita, era approdato ad una solida conversione cattolica e aveva scelto proprio Assisi per farsi battezzare.
Il mistero dell’arte e il "dono" speciale dell’arte che diviene autentico atto creativo solo quando questo è seguito dal "vedere”, un “vedere” inteso come “atto sacramentale” che porta l'artista all’osso delle cose e quindi all’Uno dove l’Uno è certamente Cristo: queste erano le tematiche degli incontri il cui riflesso è senza dubbio nella ricerca di sintesi pittorica di tutta l'opera fin qui realizzata da Secchi. In queste vedute non c'è spazio per la facile suggestione pittoresca o per i dettagli aneddotici che fanno perdere quella tensione all’Uno tanto invocata da Congdon.
Si veda la Basilica nella notte dove il nero si fa brillante e addirittura luminoso e i bagliori di luci lontane evocano suggestioni delle numerose visioni newyorkesi del Maestro.
Nella dinamicità del gesto pittorico di Secchi troviamo l'eredità dell ‘Action congdoniana, che lascia sempre traccia evidente nelle tavole e che si fa segno in una pastosa materia cromatica che si schiude alla forma, alla “forma sintetica “della realtà.
In questi ultimi lavori l’artista limita gli effetti plastici, dilata le masse per accoglierne al massimo la luminosità materica in una sorta d'inconscio omaggio alla bidimensionalità delle gotiche facciate di Ascesi.
E sebbene il pittore non ami cimentarsi, a differenza di Congdon, in soggetti sacri, in questi scorci di Assisi, ci mostra tutta la sua idea di arte sacra che è, in definitiva, arte del “reale” di cui, grazie allo sguardo, non dell’occhio, ma del cuore, come gli raccomandava il Bill, egli ha appreso a coglierne la più vera e profonda sacralità.
Il presente testo è pubblicato nel catalogo della mostra “Vedute di Orïente. Omaggio a William Congdon. Personale di Riccardo Secchi” allestita a Assisi da marzo a giugno 2015.